Giordania. Il giovane agente
della CIA Roger Ferris (Leonardo DiCaprio) lavora ‘guidato a distanza’ dal suo
superiore Ed Hoffman (un Russel Crowe oversize,
ingrassato di almeno 20 chili): il suo compito – tutt’altro che facile – è
quello di catturare l’anziano capo-terrorista Al-Salim, legato alla rete di
Al-Qaeda, fresca autrice di un attentato a Manchester. Ma le pericolose ‘invasioni
di campo’ di Hoffman metteranno a dura prova i rapporti tra Ferris ed il capo
dell’intelligence giordana Hani (Mark
Strong), il quale ha messo i propri agenti a disposizione degli USA.
Dopo la storia del “padrino nero”
narrata in American Gangster, Sir
Ridley Scott torna a parlare di medio oriente (lo aveva già fatto – seppur con
‘declinazione storica’ – nel 2005 con Le
crociate), girando un film che sembra la versione semplificata di Syriana (di Stephen Gaghan, 2005), ma
ibridata con due film del suo meno noto fratellino Tony, ovvero Nemico pubblico (vedi le tante riprese
satellitari) ma soprattutto Spy Game. Il risultato non è male, ma
poteva essere migliore: la sceneggiatura è di William Monahan (The Departed e ancora Le crociate), il che è garanzia di
complessità dell’intreccio – e di abuso di telefoni cellulari. Ma qui, se mai,
la fonte dei problemi è proprio nel ‘manico’, ovvero nel discreto romanzo Body Of Lies del giornalista del Washington Post David Ignatius, nel
quale abbondano stereotipi e banalità sul mondo degli agenti segreti e sui
terroristi islamici, oltre a mancare un palpabile climax narrativo ascendente. Comunque, a tenere alta la bandiera
(fortunatamente più quella del cinema che non della patria) ci pensano
l’impeccabile messinscena targata Scott/Scalia/Witt/Streitenfeld
(regia-montaggio-fotografia-musiche) e le ottime performance di DiCaprio –
ormai non vi è film in cui non rischi la pelle – e di Strong, l’“Andy Garcia
mediorientale”, in realtà londinese. Il caro Crowe, invece, oltre ad eccedere
nel peso, eccede in gigioneria. Del tutto accessoria e simpaticamente scontata
la liason tra Ferris e la bella
infermiera Aisha (G. Farahani). Il titolo originale significa – più bruscamente
– “Un mucchio di menzogne”.
CRITICA: **1/2